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Giovedì, 18 Apr 2024

Siamo alla crisi di governo, dopo mesi durante i quali abbiamo sentito ripetere, come un mantra, sempre frasi del tipo “occorre un cambio di passo” oppure “manca una visione”, accompagnate dalle solite richieste di “riforme”, ça va sans dire, senza mai specificare quali siano le riforme necessarie.

Un ritornello, quest’ultimo, che sentiamo ripetere stancamente da anni da ogni commentatore politico.

E di “riforme” o, meglio, “controriforme”, ne abbiamo subite diverse nell’ultimo quarto di secolo. Provvedimenti che non solo non hanno fatto altro che ridurre i diritti – soprattutto dei lavoratori – e peggiorare le nostre condizioni di vita. Provvedimenti che non hanno neppure prodotto un miglioramento della situazione economica del paese. Tutt’altro! Si pensi, ad esempio, alla liberalizzazione del mercato del lavoro, cui tutti i governi hanno contribuito: dalla legge Treu, passando per la Biagi, per finire con l’ultima mazzata del Job Act, che ha prodotto unicamente precarietà e riduzione dei salari per tutti, con la conseguente fuga dei giovani più qualificati verso paesi dove ci sono retribuzioni adeguate.

Né è andata meglio con la scuola. Le “riforme” hanno prodotto una crescente aziendalizzazione, dalla Berlinguer, ai tagli della Gelmini, per finire alla cosiddetta legge de La buona scuola, che non funziona come, da ultimo, ha dimostrato l’emergenza della pandemia, con dirigenti che non hanno neppure pensato di intervenire sul problema dei trasporti. Peggio ancora è andata per l’università, con un numero chiuso che ha prodotto la penuria di medici che ora è solo all’inizio ma che nei prossimi anni esploderà.

E che dire della sanità, venticinque anni di tagli draconiani (i più consistenti proprio da quello che oggi chiede a gran voce il Mes per la sanità) sul pubblico e finanziamenti crescenti al privato. Tagli che, coniugati con pesanti ticket e attese infinite per avere le prestazioni, hanno fatto sì che gli italiani non si curassero più. La salute di noi tutti trattata con criteri apparentemente ragionieristici (ma non rispetto alla sanità privata) che non hanno fatto altro che peggiorare il benessere di tutti, fino alla catastrofe della pandemìa.

Il cahier de doléance è corposo, e non stiamo qui a sfogliarlo tutto. Anni e anni di errori che non hanno fatto altro che far lievitare il debito pubblico dai 1.069 miliardi del 1994 agli attuali 2.586 (2.380 a inizio pandemia).

Il problema vero è che da anni non abbiamo una classe politica in grado di affrontare e risolvere i problemi del paese, ma solo di peggiorarli. Un dato di fatto combinato ad una stampa che ha perso quasi completamente indipendenza, capacità investigative, di analisi e proposta, essendo nelle mani dei più forti poteri economici (ormai quasi un duopolio).

Un’informazione che, con qualche rara eccezione, pure nella drammatica situazione attuale, non ha fatto altro che mettere all’indice tutti i provvedimenti dell’ultimo governo e dare spazio e visibilità a chi ha guidato quelli che lo hanno preceduto e che con le loro scelte, quelle sì scellerate, ci ha portato allo sfascio.

E così oggi, nel momento peggiore dal dopoguerra, il paese deve affrontare, se va bene, una crisi di governo o, nel peggiore dei casi, elezioni con esiti che rischiano di essere letali per la nostra democrazia, con una destra tanto forte quanto incapace, come ha dimostrato nella gestione della pandemìa nelle regioni dove governa.

Quali sono i motivi della crisi? Davvero qualcuno crede Conte sia un pericolo per la democrazia, come ha detto quello che voleva cancellare la Costituzione nata dalla Resistenza e il sistema parlamentare per ridurlo ad un premierato forte? C’è chi pensa che sia sbagliata la politica economica di questi mesi? Troppi bonus, come ha detto quello che con essi ha fatto le sue fortune alle elezioni europee del 2014? Infine, qualcuno pensa che con un nuovo governo guidato e composto da tecnici, non si ripeterà il disastro del governo Monti?

I motivi non sono quelli ripetuti tante volte da chi ha dato il via a questa crisi. I motivi sembrano inconfessabili e riguardano la gestione di quei 209 miliardi che, ammesso che alla fine vengano erogati, dovrebbero servire a rendere il paese più equo.

Resta solo la speranza che, se si dovesse andare alle elezioni, chi è causa di tutto questo vada definitivamente a casa. Un epilogo che in tanti aspettano dal 5 dicembre 2016.

Adriana Spera
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