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Sabato, 27 Apr 2024

Le donne sono sempre reattive e intraprendenti e così lo scorso anno, in piena pandemia, è nata a Roma, al Quadraro, in via del Quintili 219/221, nel quadrante sud est della periferia, la Biblioteca antirazzista Carminella, per iniziativa dell’Associazione di Promozione Sociale Carminella composta da molte donne, in collaborazione con il circolo Arci Stonehead. Insieme, da anni, realizzano importanti progetti per migranti, progetti che, come sottolineano con orgoglio, «danno senso e significato al vivere quotidiano, alla relazione con gli altri e che si intrecciano al procedere di una società civile sempre più ricca e multiculturale».

Uno spazio, inaugurato a settembre 2020, che è anche la nuova sede operativa di Carminella, dove continuare la Scuola di lingua italiana per donne straniere ed altre numerose attività che l’associazione svolge da anni.

La biblioteca, ora aperta, in realtà, venne avviata nel 2013 a partire da un piccolo fondo librario, generosamente donato dalla Biblioteca della Fondazione Basso, composto da circa 200 testi, molti dei quali di epoca coloniale. Testi che narrano, dal punto di vista del colonizzatore, le conquiste italiane di Etiopia, Eritrea, Libia e Somalia, tra la fine dell'Ottocento e i primi anni ’40 del secolo scorso.

Una biblioteca che negli anni, grazie alle continue generose donazioni da parte di scrittrici, scrittori e case editrici, si è arricchita di saggi critici di storia ed antropologia, romanzi, raccolte di poesie, testimonianze e ricerche storico/politiche contemporanee su: migrazioni; il lento evolversi di processi di schiavitù e disumanizzazione; le lotte per l’autodeterminazione dei popoli. Insomma, storie di realizzazione e resistenza e non soltanto di sconfitta, definite dall’Associazione «Percorsi di riappropriazione dei valori fondanti lo stato di diritto e non soltanto storie di violazione dei diritti umani».

La storia del colonialismo italiano è stata sempre tralasciata, per non dire sottaciuta, dalla storiografia ufficiale, salvo pochi coraggiosi studiosi come Angelo del Boca, pur essendosi svolta per un periodo non breve, dalla metà dell’Ottocento al 1960, e riguardando, in particolare, i Paesi del Corno d’Africa e la Libia da cui oggi proviene una parte notevole dei migranti, anche a causa di controversie, tutt’ora irrisolte, generate proprio a partire dalla dominazione italiana.

Una vicenda storica che è ancora oggetto di una rimozione dalla memoria della storia patria.

Perché? Modalità, comportamenti e svolgimento del colonialismo stanno lì a smentire la vulgata degli italiani brava gente. Il dominio coloniale italiano, tanto in epoca sabauda che, ancor più, durante il fascismo, fu spietato e senza scrupoli quanto, forse addirittura peggiore di altri colonialismi, macchiandosi di violenze su donne e bambini, stupri, deportazioni e genocidi, uso di armi vietate dalle convenzioni internazionali.

Ma forse non ci siamo neppure voluti interrogare su quanto vi sia un fil rouge tra quell’idea di superiorità dei popoli d’occidente, su cui si poggiava il colonialismo europeo di fine Ottocento, e l’ideologia nazifascista, figlia di quell’impulso violento e irrazionale che spinse verso l’annullamento e la sopraffazione di altri esseri umani ritenuti di “razza inferiore”.

Le migrazioni non sono che un risultato del colonialismo, oltre che un fenomeno che attraversa tutta la storia dell’umanità in fuga dalle guerre o, semplicemente, alla ricerca di un futuro migliore, eppure, provocano violente reazioni xenofobe, che altro non sono se non la negazione dell'identità, della storia di quelle persone, fino all'idea che se ne possa cancellare la loro stessa umanità. Ignorando che, invece, siamo noi europei che abbiamo ancora molto da imparare dall’incontro con altre culture.

Durante il lockdown, seguendo incontri on-line con degli storici, all’associazione ci si rese conto che con quel piccolo patrimonio librario avrebbero potuto realizzare una Biblioteca antirazzista, necessaria perché solo memoria e la conoscenza possono contribuire a realizzare una narrazione antirazzista, nuova rispetto a quanto, ancora oggi, si insegna nelle scuole.

Solo la consapevolezza e la conoscenza di una responsabilità collettiva, infatti, può essere l'antidoto alla rabbia ed alla xenofobia dilaganti.

L’Associazione di promozione sociale Carminella, a partire dal 2013, anno della sua fondazione, ha intrapreso molteplici percorsi che, via via sono andati ad intrecciarsi fra loro, andando a costituire esperienze uniche sotto il profilo umano, culturale e sociale. La biblioteca nasceva da quel percorso fatto di progetti concreti per i migranti come la scuola di lingua italiana per donne straniere, gli incontri web con gli storici e alcune ricerche.

Quello che era un laboratorio di idee poteva diventare Centro di documentazione e formazione permanente aperto al quartiere, alle scuole e alla società civile. Un progetto, portatore di un pensiero quanto mai necessario e da diffondersi, per penetrare all’interno di una deriva culturale in atto a livello mondiale, che può essere contrastata solo con la partecipazione attiva di quanti credono ai valori di democrazia ed eguaglianza fra i popoli. Un progetto che «vuole contribuire a costruire un’altra narrazione ed una nuova responsabilità collettiva».

La denominazione Carminella nasce dalla scoperta della cartella clinica di una bambina così chiamata, ricoverata nel 1940 nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, per ordine del Tribunale. Aveva fatto qualcosa di grave? No, era vittima di stupro da parte di un parente e per questo venne ricoverata in quel manicomio. Possiamo immaginare a quali violenze fisiche e psicologiche sia stata sottoposta. Un’infanzia rubata e senza affetto. L’associazione intitolata a Carminella vuol essere un risarcimento postumo, per ricordare quella storia atroce.

Fin dall’inizio, l’associazione ha posto in essere, grazie al contributo di collaboratori esperti e specializzati, progetti attenti alle trasformazioni culturali e sociali in atto nella realtà contemporanea, occasioni di incontro, formazione e ricerca, il tutto rivolto a bambini, adolescenti e adulti, anche stranieri, che mirano al benessere delle persone attraverso una partecipazione attiva e responsabile.

Insomma, una realtà da conoscere e sostenere.

Adriana Spera
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