di Rocco Tritto
Non appare né azzardato né difficile ipotizzare che alla fine del 2014, quando dovrebbe (non è casuale l’uso del condizionale) terminare il blocco dei contratti, il potere d’acquisto di salari e stipendi dei dipendenti pubblici avrà perso almeno il 15%.
Si tratta di una previsione ottimistica, che spazza via l’estemporanea boutade del ministro Brunetta che, nel corso della famosa conferenza stampa con Tremonti, aveva sostenuto il contrario e cioè che, nonostante il blocco, le paghe dei lavoratori del pubblico impiego non avrebbero perso alcun potere d’acquisto.
Il contributo coatto che i dipendenti della pubblica amministrazione dovranno versare per fronteggiare una crisi che altri hanno provocato ammonterà a quasi 3 miliardi di euro.
Un altro sostanzioso versamento a fondo perduto dovranno fare i pensionati, che nella maggior parte perderanno la pur misera rivalutazione annua, e quanti saranno costretti a ricorrere alla cure mediche, facendosi carico di iniqui ticket, che non terranno conto neppure delle fasce di reddito.
Se dalla manovra ammazzalavoratori, approvata a tempo di record dal Parlamento, finiranno nelle casse dello Stato oltre 80 miliardi di euro (160 mila miliardi di vecchie lire), quasi nulla sarà ascrivibile alla eliminazione di sperperi e privilegi.
La “politica” si è ben guardata dal contribuire, come e più di altri, limitandosi a costituire una commissione col compito di avanzare proposte (sic!).
In nessuno dei 41 articoli di cui si compone il testo finale della manovra è dato scorgere una sola riga finalizzata a combattere gli sperperi nella P.A. e la sempre più dilagante evasione fiscale. Fenomeni questi - sperperi e evasione fiscale - che sono le vere cause del dissesto.