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Venerdì, 03 Mag 2024

La VI Sez. del Consiglio di Stato, con sentenza n.4596/2017, ha riformato la decisione del Tar Lazio-Roma n.8076/2016, che aveva rigettato un ricorso per l’annullamento del diniego all’abilitazione alla prima fascia della docenza universitaria.

Secondo il Consiglio di Stato, l’appello risulta fondato e meritevole di accoglimento, in particolare per quanto riguarda la valutazione espressa dal membro di commissione non italiano, che ha concluso per una valutazione negativa dell’aspirante docente di prima fascia, incidendo sensibilmente sulle risultanze finali della commissione, atteso che il giudizio individuale reso dal predetto membro appare “del tutto inadeguato contenutisticamente, a causa di un'eccessiva stringatezza”.

Ma, secondo i giudici di Palazzo Spada, ulteriori profili di illegittimità, tra quelli denunciati dall’appellante, sono comunque rinvenibili nel caso in esame. Innanzitutto, a fronte del superamento delle tre mediane, la commissione non ha chiarito in modo analitico, come invece avrebbe dovuto, i motivi per i quali l’interessato non può conseguire l’abilitazione. Non solo, stante che fondata risulta altresì la censura mossa dall’appellante alla valutazione effettuata dalla commissione in ordine ad una ritenuta carenza di leadership del candidato. La commissione, in base all’autovincolo che si era dato, avrebbe dovuto, infatti, valutare l’apporto del singolo candidato “in relazione a ciascuna delle pubblicazioni segnalate dai candidati al giudizio degli esaminatori e non piuttosto (come avvenuto) limitarsi a ‘contare’ il numero di quelle in cui un singolo candidato fosse risultato primo, ultimo o autore corrispondente, e secondo o penultimo autore”.

Inoltre, la commissione non aveva posto tra i suoi criteri quello della imprescindibile presenza – tra quelli che i candidati avrebbe dovuto poter dimostrare – di lavori di tecnica chirurgica ed endoscopica.

Pertanto, sottolinea il Consiglio di Stato, la commissione non avrebbe dovuto dare rilievo assoluto e dirimente (ai fini del giudizio negativo) al solo fatto dell’assenza di siffatti lavori tra quelli indicati dall’appellante.

Essa, piuttosto, avrebbe semmai dovuto motivatamente coniugare il rilievo di una siffatta assenza con la presenza – nel bagaglio offerto dall’appellante stesso alla valutazione degli esaminatori – dei quaranta lavori chirurgici citati dal candidato nel proprio curriculum (e spiegando, semmai, ed inoltre, perché quattro decine di lavori chirurgici non avrebbero compensato anche solo un lavoro - non presente - di tecnica chirurgica ed endoscopica).

L’inadeguatezza dei giudizi individuali, e poi di quello collegiale, negativi emerge poi anche dal fatto che, relativamente allo scrutinio dei titoli diversi dalle pubblicazioni, nonostante la richiesta analiticità (cui la commissione s’era autovincolata), il giudizio dei commissari sull’appellante s’è ridotto, al riguardo, ad un richiamo al titolo di professore associato, al conseguimento di premi di rilievo, alla fellowship di ricerca, all’incarico di insegnamento presso un’istituzione internazionale, dimenticando di indicare tutte le sue pregresse esperienze.

Nelle valutazioni individuali negative, comunque il commissario “G.V.” ha espresso un giudizio di “livello medio” in ordine alla qualità complessiva delle pubblicazioni dell’appellante.

Di questo però – sempre in disparte la pregiudizialità critica del (non) giudizio del commissario “O.Ö” – non v’è traccia nell’ambito del giudizio collegiale, il quale, invece, si sarebbe dovuto fare carico di tali aspetti problematici, sia in relazione alla non validità in assoluto (per eccessiva ed ingiustificabile stringatezza del giudizio del commissario straniero) sia in relazione al fatto che, allora, i giudizi non sufficienti, quanto alle pubblicazioni del candidato, erano soltanto tre (nuovamente non raggiungendosi così, al riguardo, la maggioranza minima dei 4/5 dei commissari).

Quanto alla discontinuità temporale della produzione scientifica, infine, la commissione non ha spiegato come quella asseritamente rilevata (per gli anni 2002 e 2009) si debba conciliare, al contrario, con la continuità emergente dal curriculum del candidato appellante.

In conclusione, l’appello va accolto e per l’effetto l’appellante risulta meritevole di un nuovo scrutinio ad opera di una commissione in diversa composizione.

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