La Regione Lazio, con la pubblicazione del Decreto U00239 del 28 giugno 2017, puntava ad abbattere le liste d’attesa attraverso il taglio della durata delle visite specialistiche prevedendo tempi massimi - predefiniti e rigorosi - per lo svolgimento dei singoli esami e delle singole visite specialistiche.
Il Sumai, Sindacato Unico della Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria, assistito dall’Avv. Guido Locasciulli, specialista in materia sanitaria, ha impugnato il provvedimento regionale innanzi al Tar del Lazio che, con sentenza n. 6013/2018, pubblicata lo scorso 29 maggio, ha dato ragione al sindacato, annullando il provvedimento medesimo.
In particolare, il Tribunale Amministrativo, accogliendo in toto i motivi di ricorso presentati dall’Avv. Locasciulli nell’interesse del Sindacato ricorrente, ha riconosciuto che, in base alla normativa vigente, la disciplina del lavoro degli specialisti ambulatoriali è oggetto di riserva di competenza della contrattazione collettiva di settore, “… con ciò escludendo in radice interventi unilaterali della PA”, quale quello adottato con il provvedimento impugnato ed oggi annullato.
Inoltre, i Giudici hanno condiviso l’impostazione proposta dal sindacato ricorrente il quale aveva dedotto circa l’illegittimità del decreto per aver questo violato l’Accordo Collettivo Nazionale nella parte in cui prescrive una marcata autonomia di giudizio, in capo al medico specialista, circa “… la congruità del tempo da riservare alle singole visite”.
Come sottolineato in ricorso, tale autonomia è peraltro ribadita nel Codice di Deontologia Medica dalle cui disposizioni, come confermato dal TAR del Lazio, “… si evince, nella sostanza, che il medico deve poter avere a disposizione un tempo minimo, onde poter svolgere le proprie funzioni in modo autonomo e responsabile, la cui durata non può che essere rimessa alla sua unica valutazione discrezionale e con esclusione, dunque, di indicazioni rigidamente e astrattamente predeterminate da fonti esterne”.
I Giudici amministrativi, infine, non mancano di sottolineare, con una “stoccata” al legislatore regionale, che l’obiettivo perseguito dalla Regione Lazio con il provvedimento annullato (l’abbattimento delle liste d’attesa) ben potrebbe essere raggiunto attraverso l’aumento delle risorse umane e strumentali da adibire al delicato settore della pubblica sanità.
La sentenza segna un’importante vittoria per i medici ma anche per i pazienti nell’ottica di un sempre migliore funzionamento del Sistema Sanitario Regionale previsto a tutela del diritto alla salute garantito dalla nostra Costituzione.
Ad adiuvandum del sindacato ricorrente, sono intervenuti in giudizio l'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Viterbo e la Federazione Nazionale Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.