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Venerdì, 05 Dic 2025

Con ordinanza n. 18094/2024, la Cassazione - sezione Lavoro –, contrariamente a quanto deciso dal Tribunale di primo grado e confermato dalla Corte di Appello di L’Aquila, in accoglimento del ricorso proposto dal ricorrente, portatore di handicap, ha riconosciuto la illegittimità del provvedimento di licenziamento adottato nei di lui confronti dal datore di lavoro con la motivazione della avvenuta esternalizzazione del reparto all’interno del quale lo stesso era collocato e della asserita impossibilità di adibirlo ad altre mansioni, in considerazione delle limitazioni derivanti dalla sua situazione di disabilità.

La sentenza della Corte territoriale è stata oggetto di contestazione da parte del lavoratore per non avere censurato l’operato della parte datoriale per il mancato rispettato dell’iter per il licenziamento del personale disabile, siccome previsto dalla legge n. 68/1999.

I giudici della Suprema Corte, all’esito dell’esame della fattispecie, infatti, nel censurare la decisione della Corte territoriale, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “Il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro della persona con disabilità assunta obbligatoriamente, nel caso di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, solo nel caso in cui la speciale commissione integrata di cui all’art. 10, comma 3, l. 12 marzo 1999, n. 68, accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro; tra le significative variazioni dell’organizzazione del lavoro rientra anche l’ipotesi in cui il datore di lavoro sopprima il posto cui è assegnato il disabile e occorra verificare se questi possa essere riutilizzato in azienda in altre mansioni compatibili con il suo stato di salute”.

In conclusione, sentenza cassata in relazione alle censure di parte ricorrente ritenute fondate, con rinvio alla Corte d’Appello che, in diversa composizione, “si uniformerà a quanto statuito e provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità”.

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