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- di Maurizio Sgroi
Le ultime previsioni Ocse, che non sono la realtà ma una sua possibile evoluzione (sempre meglio ricordarlo) tratteggiano lo scenario di un mondo che sembra avviarsi a passo deciso verso un’economia lenta con prezzi che rimangono ancora caldi, ben sopra i target in molti paesi.

Il degradarsi del dibattito pubblico internazionale, con gli Usa sempre più impegnati ad alzare i toni, rivela molte tensioni che si sono cumulate nel tempo che hanno molte radici. Una di queste, ingombrante e mai troppo sottolineata, è la situazione fiscale statunitense che, con noncuranza davvero imperiale, si sta avviando verso una spirale indirizzata al superamento di diversi record storici: quello del debito totale, quello del deficit, quello della spesa totali per interessi.
Un altro anno orribile per i conti della Bce (Banca centrale europea) e ovviamente non è certo una sorpresa. Tutte le banche centrali stanno letteralmente pagando il prezzo della generosità degli anni passati, quando si riempivano di obbligazioni governative a tassi praticamente azzerati, che oggi producono rendimenti assai scarsi sul lato degli asset, mentre con l’arrivo dell’inflazione e il conseguente rialzo dei tassi, pagano molto care le proprie passività, a cominciare da quelle rappresentate dalle riserve bancarie. E così il profondo rosso non solo era prevedibile, ma anche ampiamente atteso.
Le ultime statistiche sulle liquidità internazionale diffuse dalla Bis di Basilea, relative al terzo trimestre dl 2024, confermano che il credito transfrontaliero, di origine bancaria e non bancaria, gode ancora di ottima salute. Le fibrillazioni che già in quei mesi agitavano il commercio internazionale, del quale – giova ricordarlo – spesso i flussi finanziari sono semplici controparti, sembrano per il momento non influire sugli scambi di denaro.
I volenterosi economisti del Fondo monetario internazionale (Fmi), che si sono impegnati ad analizzare un nuovo set di dati, ci comunicano
